Tracce: Rubrica di filosofia e saggistica nelle monadi d'arcobaleno, e nella vita....
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La Presente Trattazione prosegue e
conclude l’analisi intrapresa in alcuni numeri precedenti sul Convegno di
Baltimora del 1966.
Goldman
La
relazione di Lucien Goldman, ci offre la possibilità di indagare i concetti
fondamentali dello strutturalismo genetico.
Diciamo
preliminarmente che la sua idea tende a proporre una conciliazione fra marxismo
e strutturalismo
(1)
e che, a differenza di altri, considera la società come intrinsecamente relata
alla struttura pur nella convinzione che quest'ultima sia un prodotto della
psicologia dell'uomo e non un criterio di netta oggettività.
Il
carattere significativo di un comportamento, dice Goldman, si rileva in
relazione ad un problema e alla possibilità di risolverlo, "alla
situazione globale in cui [il soggetto] si trova"
(2)
."La struttura esiste per il suo carattere significativo che risulta
dall’attitudine a svolgere una funzione"
(3)
. Le funzioni, del resto, possono essere svolte solo da strutture. Queste
sorgono dall'applicazione ad un quadro di realtà di cui si vuole risolvere
qualche problema: "le strutture nascono dai fatti e dal comportamento
quotidiano degli individui [...] e, con la sola eccezione delle caratteristiche
più formali [...] non sono permanenti [...]; un soggetto, in una determinata
situazione, tende a cambiarla in modo conforme ai suoi bisogni [...] affettivi
e intellettivi [...]. Dato uno squilibrio [...] il comportamento è
significativo nella misura in cui tende a ristabilire un equilibrio "
(4)
Durante
le fasi storiche, a causa di eventi esterni, le strutture perdono efficacia e
la razionalità della loro funzione (cioè quella di permettere ad un gruppo o un
individuo, come abbiamo detto, di vivere nelle condizioni esistenti
precedentemente
(5)
)
e devono essere modificate. Lo sviluppo storico delle strutture è previsto,
quindi, ed è atto a consentire e poi preservare, l'adattamento del soggetto a
nuove situazioni.
Strutture
dunque di due tipi: a carattere prevalentemente biologico, in cui il soggetto è
individuale, e a carattere prevalentemente sociale, in cui soggetto è
transindividuale (per spiegare questo concetto di soggetto transindividuale
Goldman fa l'esempio intuitivo i due uomini, Jean e Jacques, che spostano
insieme un tavolo, ove il soggetto dell'azione non è distinguibile separatamente
né in Jean né in Jacques ma in Jean-Jacques). Le relazioni fra individui che
compongono lo stesso soggetto sono dette intrasoggettive, da distinguere da
quelle inter-soggettive, cioè fra individui che non compongono lo stesso
soggetto. In una società basata sulla divisione del lavoro, il soggetto non può
che essere transindividuale, in quanto è il gruppo che provvede a soddisfare i
bisogni dei singoli, e tutte le attività culturali, civili etc..., dipendono
dalla collettività.
Le
strutture inoltre possono essere collocate su tre livelli: inconscio,
non-conscio e conscio.
Per
inconscio Goldman intende "le significazioni delle strutture individuali,
che sono in conflitto con quelle transindividuali, e possono, in
conseguenza di questo conflitto, essere respinte o aver bisogno di aggirare
[...] la censura per penetrare nella coscienza maniera deformata"
(6).
Le
strutture non conscie sono quelle invece "che determinano in gran parte il
nostro comportamento senza per questo essere conscie o represse, come ad
esempio nel caso di quelle fisiologiche dell'organismo, delle quali non abbiamo
consapevolezza ma che, se spiegate da uno specialista, possono facilmente
divenire conscie.
Le
conscie, precisa inoltre Goldman, pur avendo chiarezza manifesta, "hanno
quasi sempre un carattere parziale e inadeguato di ideologia e falsa
coscienza”.
(7).
Nella
realtà questi tre livelli si trovano frammisti (e ogni individuo non è che un
"mélange" di essi)
(8)
ma è compito del pensiero scientifico accettare di fare chiarezza al loro interno.
La
scienza, per Goldman, come abbiamo accennato, non può essere totalmente
oggettiva, in quanto prodotto della mente umana e relata alla situazione di un
gruppo: Il soggetto che studia è anche quello che fornisce gli strumenti per
studiare
(9).
Non si possono analizzare, le opere letterarie, riferendoci ad un soggetto
singolo (l’autore). Questa tesi assume la forma di doppia congiuntura, in
Goldman, da un lato verso un aggancio storico, dall’altro verso lo
strutturalismo.
Per rendere intelligibile un’opera, bisogna
studiare i gruppi sociali che ne hanno elaborato le strutture, e vedere come
queste diano coerenza ad elementi frammentari del testo. La linguistica da sola
non è in grado di fare ciò e rischia di appiattirsi nella ripetizione di
costituenti sempre uguali. Un’opera non è un mero rispecchiamento
riduzionistico, ma è un’elaborazione dell’apparato categoriale del gruppo
attraverso il genio dello scrittore.
L'intervento
che Lacan propone al convegno si situa in un momento di grande attività
dell'autore. (Basti pensare che nel 1964 ha fondato l' École
Freudienne de Paris e che gran parte dei suoi scritti verranno pubblicati non
molto dopo il 1966).
Quello
che egli prospetta è un "ritorno a Freud"
(10)
che tenga conto anche degli strumenti del sapere contemporaneo quali la
linguistica e lo strutturalismo, e che liberi il campo dall'addomesticamento di
Freud operato da molti dei suoi seguaci, rei di aver "tradito" la
rottura epistemologica del maestro
(11).
Con
Freud, Lacan propone una ridefinizione del tradizionale uomo cartesiano che
incentra se stesso sulla coscienza e fa di essa la sua forza: e, giocando su
alcune famose battute come " penso dove non sono, dunque sono dove non
penso "
(12),
mostra che la vera dimora dell'uomo è nell'inconscio. Dunque un anticogito in
Lacan e una visione del soggetto anticartesiana: addirittura, secondo lui, l'Io
non è che un sintomo privilegiato all'interno del soggetto, il quale (soggetto)
è del tutto asservito all'Altro. L'Io "è il sintomo umano per eccellenza,
la malattia mentale dell'uomo"
(13).
L'inconscio invece è una sorta di "X loquente" ovvero è strutturato
come un linguaggio.
Lacan
è solito precisare che la scoperta della linguisticità dell'inconscio è di
Freud e che lui ha potuto proseguire su questa linea grazie ai più recenti
studi, svolti in tale settore.
Si
ha inoltre il primato, per lui, dell'ordine simbolico: " ossia della
concezione secondo cui l'individuo risulta attraversato da una impersonale e
onnipotente trama di simboli e significanti che lo costituiscono ma che egli
non ha creato e non domina mai, essendone più che la causa, l'effetto o il
prodotto "
(14).
L'accesso
al simbolico avviene tramite L'Edipo e comporta una scissione fra "lo
psichismo conscio e quello inconscio"
(15).
Il
soggetto rimane diviso da una barra di separazione, " si perde il rapporto
immediato da sé a sé caratteristico della fase prelinguistica e
presimbolica "
(16).
Del resto, l'utilizzo stesso della parola, postula (di suo) una diversità,
(scissione), fra ciò che è vissuto e il segno che lo richiama... (la parola è
Altro da me), ed è così che nel soggetto diviso " si afferma la trama
metacoscenziale dell'Es"
(17).
Il
linguaggio quindi, inducendo costituzionalmente una separazione fra chi parla e
i significanti che questi utilizza (cioè fra il soggetto dell'enunciazione e il
soggetto dell'enunciato) è la condizione perché avvenga la dissociazione e
quindi non solo è il costituente dell'inconscio ma anche la sua conditio
sine qua non in quanto è lui stesso a crearlo, “reduplicando il soggetto su
due piani”
(18).
Lo
scarto induce Lacan a privilegiare il ruolo del significante sul significato,
il quale non si identificherà mai completamente nel significante, pur
esteriorizzandosi in esso.
l'Es
parla dunque, ma parla un linguaggio indecifrabile alla coscienza: a questo è
vòlta la psicanalisi, alla decifrazione dei suoi messaggi: e per far ciò
necessita dell’ausilio della linguistica. Da qui la considerazione del sintomo
come significante di un significato rimosso, censurato.
"Si
può dunque dire che è nella catena del significante che il senso insiste, ma
che nessuno degli elementi della catena consiste nella significazione di cui è
capace in quello stesso momento"
(19).
[...] "Si impone la nozione di uno scivolamento incessante del significato
sotto il significante"
(20).
Si pensi a questo proposito, ad esempio, ai sogni, ove i significanti operano
liberamente utilizzando associazioni per niente dominate dal soggetto. L'uomo è
costretto allora a porre una distanza fra sé e la verità, fra conscio e
inconscio, per costituirsi come soggetto. Ma la sua verità risiede
nell'inconscio, di cui l'Io non è che un mero fantasma. Questa verità non è mai
coglibile compiutamente, pena l'annullamento (del soggetto). - Si potrebbe
obiettare: come può l'inconscio essere strutturato come un linguaggio se esso
nasce proprio dalla scissione operata dal linguaggio fra realtà e modo di
significarla? Ed è quindi ‘quella verità’ alla quale il linguaggio non giungerà
mai? Si potrebbe rispondere allora che l’inconscio parla all'Io, alla coscienza
(solo) attraverso il linguaggio e non si identifica con esso, ma forse si
ridurrebbe la portata epistemologica di Lacan (come Lacan rimproverava essere
stato fatto con Freud). - La vita coscia non è che una metafora di quella
inconscia.
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[1] Cfr. SERGIO MORAVIA, Lo strutturalismo francese, Firenze, Sansoni, 1975, p.21 e segg. (torna al testo) |
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[10] NICOLA ABBAGNANO, Storia della filosofia, volume settimo, La filosofia contemporanea 1, di Giovanni Fornero, Milano, TEA, 1996, p. 418. (torna al testo) |
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